Dalla Svezia un’altra conferma: il divieto alle slot non riduce il fenomeno del gioco d’azzardo patologico
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(Jamma) La progressiva riduzione del numero degli apparecchi da gioco a vincita sul mercato, come unica soluzione, non contribuisce a ridurre il gioco d’azzardo patologico. La conferma arriva questa volta dalla Svezia dove il governo ha commissionato uno studio, il primo dal 2008. Va precisato che in questa nazione è il dibattito sulle slot machines è stato particolarmente acceso fino ad arrivare ad una situazione di monopolio. Le macchine a vincita collegate in rete sono essenzialmente l’unico tipo di macchine da gioco consentite.
I terminali pagano le vincite sotto forma di ticket, certificati di valore, che possono essere convertiti in denaro. Sono ammessi solo negli alberghi o nei ristoranti in possesso di una licenza per la somministrazione di alcolici, così come nelle sale bingo. Il permesso per gestire queste macchine a gettone può essere concesso solo alle società di gioco di proprietà dello Stato. La Svenska Spel ha una concessione del governo per gestire un numero massimo di 7. 500 macchine a gettone.
Viste le norme in materia e considerando come in Italia si sta pensando di affrontare il problema dei rischi legati al gioco d’azzardo , verrebbe da pensare che in Svezia il problema sia stato praticamente risolto.
E invece no.
Come già abbiamo avuto modo di riferire per la Norvegia, la messa al bando delle slot non ha sortito l’effetto sperato.
Lo studio svedese pubblicato dal Governo in questi giorni evidenzia che dal 2008 ad oggi si è registrato un calo del ‘gioco problematico’ ma anche ad un incremento del numero dei giocatori con problemi gravi. Vale a dire che si parla di meno casi di gioco problematico e di più casi di dipendenza da gioco.
Secondo l’Agenzia della Salute Pubblica, ovvero l’ente governativo preposto allo studio, la quota di giocatori problematici è di circa l’1,7% della popolazione, di cui almeno un quarto con una grave forma di dipendenza che andrebbe trattata come tale. Il numero di persone con forme di vera dipendenza è passato dai 24.000 nel 2008 a 31.000 nel 2015.
Di contro si registra un calo del gioco problematico a livello generale. Il calo è evidente infatti in tutte le fasce d’età, tra gli uomini così come tra le donne, salvo rare eccezioni. Un aumento si registra tra le donne di età compresa tra i 45 e i 64 anni. Per quanto riguarda gli uomini ci sarebbero meno casi di gioco problematico tra i 18-e i 24 anni e più casi nella fascia d’età 25-44 anni.
Marie Risbeck, a capo dell’Agenzia di Salute Pubblica, ci tiene a sottolineare che la prevenzione ha in parte funzionato ma che “gli sforzi non sono serviti a ridurre il gioco patologico”.
Lo studio rivela infatti che è scesa la percentuale degli svedesi che hanno giocato d’azzardo, 60% contro il 70% dello studio precedente e che il numero di quanti giocano ogni mese è passato dal 44 al 27%. Al contrario è aumentato il numero di chi ha giocato via Internet, dal 9 al 18%, così come non è diminuito il volume di spesa.
“Il limite dei 18 anni per quasi tutti i giochi sembra invece aver funzionato”, dice Ulla Romild, uno dei ricercatori della Agenzia di sanità pubblica.
Ricerche come questa dovrebbero essere valutate con attenzione anche dagli amministratori italiani, così come dagli esponenti dei movimenti anti-slot, associaizoni comprese.
Tutti i provvedimenti in materia di restrizioni al numero degli apparecchi infatti risultano essere supportati da considerazioni che non hanno nulla a che vedere con i risultati scientifici di veri e propri studi. Indagini come quella pubblicata dal governo norvegese prima e da quello svedese ora sono invece molti indicativi dal momento che si riferiscono a mercati dove si è già applicata una riduzione del numero delle slot nella convinzione che questo potesse ridurre il fenomeno del gioco d’azzardo patologico.