Errore
  • Errore nel caricamento dei dati del feed

Gioco d'azzardo, malattia pediatrica che gli adulti ignorano

Che ci fanno i bambini con la paghetta che danno loro i genitori? Svariate cose, ma una, (forse...) insospettabile: ci comprano i biglietti delle lotterie “Gratta e vinci”. Non tutti, certo, ma uno su quattro dei bimbi tra sette e nove anni lo ha già fatto: sono all'incirca 400 mila. E due bambini o adolescenti (tra dieci e 17 anni) su cinque, cioè 800 mila, già frequentano sale bingo e slot machine. E chissà se tra voi che state leggendo questo articolo c'è qualcuno di quei genitori (possibile, sono uno su tre) che dicono di non sapere nulla di queste abitudini dei propri figli, anche se in maggioranza ammettono che il gioco patologico può interessare anche i giovanissimi e se ne dice preoccupato. I giovanissimi non giocano per fare soldi, ma soprattutto per divertimento, per emozione: il 5% dei bambini con meno di dieci anni che gioca al “Gratta e vinci”, alle lotterie, al bingo lo fa addirittura spesso e in genere per il brivido della scommessa, perché a questa età è ancora labile il concetto del valore dei soldi.La “fotografia” di questa inquietante situazione l'ha scattata un'indagine sulla ludopatia negli under 18 condotta dall'Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) che è stata presentata in anteprima all'International Pediatric Congress on Environment, Nutrition and Skin Diseases, appena concluso a Marrakech. Se per i minorenni c'è da preoccuparsi, quelli che ne escono peggio, però, sono gli adulti, i genitori. Nove su dieci dicono di non avere idea di che cosa significhi il termine “ludopatia”; in oltre la metà delle famiglie non impongono ai computer di casa alcun filtro che impedisca di accedere ai siti di giochi on line vietati ai minori; più di un terzo (il 35%) degli adulti conosce ragazzini che frequentano sale giochi e in un caso su tre vi ha incontrato minori, dai quali ha ricevuto la richiesta di giocare al loro posto per eludere i divieti che impediscono alcuni tipi di scommesse a chi non è maggiorenne. «L'aspetto più sconcertante che emerge dall'indagine – osserva Giuseppe Mele, presidente di Paidòss e Simpe, la Società italiana medici pediatri – è la sostanziale elusione del problema da parte degli adulti: una quota molto elevata, dal 20 al 30%, risponde di non ricordare, non sapere, non aver visto. In sostanza tanti girano la testa dall'altra parte, non vogliono affrontare la questione, non pensano che il gioco d'azzardo possa costituire un problema, una dipendenza e che questi aspetti negativi possano presentarsi anche nei giovanissimi».

FONTE: HealthDesk